Tommaso Campanella, Politici e cortigiani, p. 163
religione, e di più provedere che gl’omini veramente boni e virtuosi sian lontani
dagl’occhi e orecchia del prencipe per più cause. Prima perché non avvertiscano
al prencipe quel che è utile al publico secondo la ragion divina e
umana, nel che essi statisti restarian di fuori, perché sanno i sdegni privati
contrarii a quello; secondo, perché la vista de virtuosi è testimonianza de i
loro vizi, difetti e inganni, come lucerna entrando in casa di molti malefacienti
al buio tutti vanno a smorzarla, talché sanno che il prencipe deve essere
aurito come gl’animali sacri di Ezechiele, e non sia sordo, né veda, né oda,
se non con gl’occhi e orecchie loro.
Quando comparisce un gran litterato, tutti i litteratelli lo temono, e però lo
beffano tra sé, e con tal paroline appresso al prencipe sul principio, e dicono
sub specie laudis che li manca qualche cosa, che sia sciocco, che non sa vivere,
che non è polito nella grammatica e nel parlare, li spedocchiano qualche opera
o sonetto diligentemente, o simil cosa li metton contro, quanto basta a
poter seminare sopra quella poi altre bugie, perché dalla dissimilitudine de
costumi, dal parlar grave mal inteso poi lo fanno eretico, o dicono che è pericolo
trattar con persona tale, e massime ad un principe, perché li gran cervelli
buscan cose nove, e fingono che ogni novità è contraria allo stato e religione
con bestialissima asserzione, poiché le novità abbelliscono il mondo e lo stato
ampliano e magiorificano, quando non son fatte a destruzione dell’antichità
ben fondata, come si vede da Francesco, Domenico, Benedetto, Colombo e
altri che nelli costumi e nelle scienze e invenzioni nove han glorificato il Cristianesmo
e smaccato la superbia, e insulto de Gentili che professano di saper
più de Cristiani illustrati dalla grazia, e questa canaglia adulatrice finge che
noceno allo stato e alla religione tutte quelle cose che non vengano da loro, e
insospettiscono di maniera il prencipe, che non osa parlare a questi filosofi né
anche di notte, come faceva Nicodemo per questa medema paura; così fecero
contra Socrate, contra Seneca, contra Origene, Gerolamo, Giustino Martire,
e contra Crisostomo, e contra i profeti e apostoli e filosofi, non che contra
i conservi loro, ed è arte antica, come prova Platone, de cortegiani e di pretendenti
lo smaccare li virtuosi.
Così quando comparisce un valente guerriero, dicono che non ha lealtà, e
dicono che s’accorderia con nemici facilmente, che non ha cervello, e che è
pericoloso il pratticarci, è smargiasso, taglia cantoni, e quando comparisce qualche
santo, dicono è ipocrita, è poverello, e se lui vi stesse commodo non viveria
a quel modo che finge virtù quel che è necessità, e finalmente che è un scempiolo
pazzarello, il che anche di Cristo han detto i suoi, non che gli erodiani.