Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 122
far qua giù fuoco veruno, né poter venire (benché dal regolato cielo
come palla qua giù spingersi finga) senza smorzarsi, o tornarsi
in su più veloce che non riedono le pietre, per forza in aria tratte,
poscia al suolo. Né il moto poter generar fuoco, ma svegliarlo et
eccitarlo si è dimostro, imperoché con maggior percosse la pietra
commune non getta una scintilla, e la marchesita mille fuori ne
manda a mezza botta; dunque dentro più fuoco contiene; né l’aria
può sostener piaga, ma sfugge, né atta è ad infiammarsi, sendo
sottilissima, per flagelli del cielo e molto meno del sole, che non
può anco toccarlo, essendo tanto lontano.
Né la luna vicina fuoco, quale il sole, fa, che pur dovria contrapesare
la vicinanza con la grandezza, poiché ambi mostrano per
ciò diametro di trenta minuti in circa, quantunque il sole sia assai
maggiore. Questa, dunque, eccellente luce dal sole viene, e non
dall’aria come Aristotile finge, poiché la luna, secondo che a lui è
esposta, riceve il lume, e non dalla percossa aria, ché così sempre
illuminata sarebbe; e già tutti i Peripatetici, come Simplicio dice
nel 2 De coelo e Averroè De substantia orbis, hanno lasciata l’opinione
d’Aristotile e restituirono al sole la luce, ma non il caldo, e
vogliono che la luce poi qua giù per la riflessione si scaldi, con
gran stoltizia, poiché dal sole nascente come da un dardo ci sentiamo
ferire di calore pria che si rifletta; né può altro la riflessione
fare che unir la luce e manifestarne il calore che, disperso, al
nostro senso è impercettibile, come pur la luce del nostro fuoco
poco a noi calda pare, e niente da lungi.
Ma noi abbiamo dimostrato ogni luce esser calda, anzi esser
calore apparente, e san Bernardo caldissimo e bianchissimo il sole
in sé essere afferma, e Origene similmente, e san Basilio nell’Essamerone
contra Aristotile esclama, e sant’Ambrogio dice che
sia eresia torre il calore al sole, poiché l’Eclesiastico parla della
sua caldezza e delle fiamme limpide delle stelle, e san Giustino
martire, nei libri che scrisse contra Aristotile, molto bene lo dimostra,