Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 153
soccorrere, e non si spande più. Molti liquori d’acque forti e distillate
veggono gli alchimisti contrastare, e l’acquavita più di tutte,
nemica a gli oli e cose untuose; e io vidi acqua distillata dal sale
e mirto, cose secche e amare, posta nella conserva di rose secche
fare uno contrasto mirabile, fuggire, risaltare, adirarsi, come
lo stesso spirito animale per la diversa qualità e senso. E tutti liquori,
sendo dal calore liquefaciente generati o di fumo densato,
è forza che siano caldi e senzienti.
Ma poi se vede il reubarbaro tirar da tutte le parti del corpo la
collera al ventricolo, e l’agarico la flemma, e la sena la malinconia,
e altri suchi altri liquori, onde poi lo spirito stringe l’intestina
e li scaccia fuori e si purga. E si vede questo farsi per somiglianza,
poiché tutte queste cose son simili di colore, odore e
sapore alli detti umori, e però la testa del serpe, posta dove ha
morso l’animale, tira a sé il veleno ch’è nemico dell’animale e amico
del serpe; e il sorice, nato in radice del napello, magnato
sana dal veneno del nappello, tirandosi tutto al ventricolo, onde poi
lo spirito insieme li scaccia fuori; ma bevendo altro napello non tira,
ma esso va alle viscere dov’è l’altro veleno per la liquidità. Ma
il sorice tira per l’odore. E il senso dell’attrazione dell’antimonio
a tutti è noto; e per cacciar le macchie dell’olio attaccato alle vesti,
ci è bisogno d’un altro olio che lo mollifichi e a sé l’incorpori
per similitudine e amicizia. Indi si appone cosa secca ad ambi nemica,
come il fiele del bue o la cenere, e scaccia tutto il liquore untuoso;
e così magicamente fu trovato il sapone di lisciva di calce,
di cenere e d’olio concotti insieme, composti l’uno per tirare, l’altro
per iscacciare. E la teriaca del tiro venenoso e di tanti semplici
al veneno nemici si compone, che altri per amicizia tira, altri
per inimicizia il tirato scaccia o bonifica, e converte a sanità. E sapone