Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 154

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di feccia di vino per cacciar le sue macchie credo potersi inventare.
CAPITOLO 13
Del senso delle pietre e metalli, amicizia e nemicizia loro
Le pietre ancora e metalli non essere senza senso, benché più ottuso
di tutti gli altri enti, ce ’1 dichiara la constituzione loro, poiché
di terra liquida, e poi indurata si fanno; ma le pietre di liquore
grosso e senza viscosità, onde frangibili sono e non flessibili, come
i metalli che viscosità e qualche sottilezza più ritengono, per il
che liquefatti perdono di peso, altro che l’oro, che, per essere di
ugualissime parti composto, non perde peso, perché tutte esalarono,
essendo uguali le parti, né l’una dunque più si liquefà, né
più s’attenua dell’altra. Tutti però contengono in sé calore, e però
le pietre percosse fuori lo manifestano, e li metalli assai fregati similmente,
e odore sulfureo e qualche cenere gettano, perché vedi
ch’essi, e non l’aria percossa, s’infiammano e accendono e faville
mandano. Dunque, tutti senso hanno, sendo il calore senziente.
Di più, tutti metalli e pietre si nutricano e crescono, trasmutando
il suolo dove prima nascono con l’aiuto del sole, non altrimenti
che l’erbe in liquore, e tirandolo a sé per le vene loro, onde
i diamanti crescono in piramide, i cristalli in figura cuba, e le pietre
degli Apennini sono alzate in monti sì superbi, e in alcuni luoghi
si veggono in quadrati oblonghi elevarsi; né è possibile che il
sole abbia in un tratto fatti tutti gli Apennini d’Italia, l’Alpi di
Francia, i Pirenei di Spagna, gli Acrocerauni di Dalmazia, Libano
e Antilibano di Soria, il Cancaso e Tauro e Gati e li Rifei,
che tante mila miglia caminano e s’alzano tanto in alto. E Plinio
narra che in Ispagna le miniere di marmo crescono quanto più loro
se ne toglie, non estirpando le radici loro; e l’isola dell’Elba
quanto ferro continuamente genera! E l’istesse miniere cavate si

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