Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 58
sono occulte se sien buone all’animale, toccandosi, perché il pepe
par freddo, e il giglio par nobile alla vista, ma il naso sente il calor
del pepe e la lingua più, e perché s’inganna il naso, stimando buono
il giglio a magnare per l’odore, la lingua nel sapore trova che
sia malo; e spesso piace alla lingua la carne, ma il naso sente che
sia puzzolente e la rifiuta. E perché altro che luce, moto, sottilezza
e sostanza e azione non viene, però altri sensorii non vi sono;
ma il giudizio pende da questi.
Non è dubbio che il gusto sia tatto più intrinseco, poiché toccando
si fa, e nella lingua vi sta una spongia di molti pori, i quali
ammettono al senziente spirito la sostanza del cibo, la quale, se
muove bene, è buona a tutto il corpo, perché, non la parte tenue
sola, che sovente è buona, come il naso, sente lo spirito della lingua,
ma la grossa ancora, mista con quella, e il suo calor nativo,
onde sa se allo spirito e al sangue ed alli vasi nutrire è atta. Sente
anco la natura estrinseca, poiché il caldo strano della vivanda e
il freddo strano del vino sente, e insieme il nativo calor d’ambi,
che è esso sapore; ma quando lo strano caldo o freddo è molto,
come nel gelato vino e caldissime vivande, non può discernere il
sapor coverto, prevenuto dalla potenza aliena. Talché si vede
che sola mutazione, e non informazione, sia il senso, poiché nulla
forma è il sapore, se non il caldo in mole communicato.
Si fa pur per tatto l’odorato, poiché esso odore è sottile sostanza
che da ogni cosa esala, perché tutte sono calde e piene di
pori, fatti dal calore esalante vittorioso in cielo. E però il naso a
basso mira, e, dentro a lui, spongia d’osso vi sta, dove dal cerebro
scende lo spirito per due nervi, e il vapore piglia e tocca, e se da
quello si sente aggravare e vincere insieme di calore, lo stima fetido
e nemico; ma se si sente confortare e crescere, perché è sottile,
atto a convertirsi in lui, lo chiama buono odore e se ne vive. E
l’odore nutrire li spiriti è noto, poiché uno stanco e afflitto con l’odore
s’avviva, e Democrito tre dì visse soverchi con l’odore di pan
caldo; e l’odor del vino e carne arrosta il famelico consola. Ma li
cuochi e speziali, che sempre odorano quelle cose che maneggiano,
poco le stimano per magnare, perché lo spirito n’è sazio odorando.