Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 59

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Non dico per questo che nutrichi il sangue e la carne, ma
lo spirito solo; ma i liquori e sodezze son atti a quelli.
Similmente, tatto è l’udito, perché dentro l’orecchie vi sta un
timpanello d’aria, legato al nervo, per dove in quello lo spirito viene,
e fuori vi sta un martelletto, e poi le cavità dell’orecchie che
accogliono il moto dell’aria che batte il martello, e per esso il timpano,
e per esso lo spirito, ch’è dentro così chiuso con ragione,
per non esalar fuori, né patir male da chi entrasse, et esso spirito
mosso conosce, per l’uso, qual mobile corpo lo move e chi lo chiama
e chi grida e chi suona. Tatto dunque è l’udito, e però i moti
gravi di cose grosse, che batton molt’aria e l’orecchio quasi per
piano, dispiacciono, perché lo sbattono nel cavo della testa, ma i
sottili di cose strillanti, che battono l’aria come per punta, piegandosi
molto poca materia, pungono lo spirito e dividono e lacerano,
e però spiacciono. Ma i suoni composti di gravi e acute
voci, come di corde grosse di liuto e di sottili, che altri molt’aria
spingono, altri poca, molto vengono a temperanza, e fan musica
assai amica dello spirito, perché esso è di natura mobile, e gode di
essere invitato al moto, sua operazione, che lo ventila, purga, diffonde
e aumenta, secondo la sua simmetria. E dove altri suoni sono
acuti, altri gravi, fanno a punto il suo verso; e però la misura
della musica umana è presa dal battimento del polso.
Ma si deve stimare che tutte le voci del mondo son musica al
mondo tutto, e così i moti del cielo, sendo il suono movimento sentito.
Ma ad altra specie di cose, altra musica piace, come pur, tra
gli uomini, i grossi di spirito amano carne grassa che gli dilata la
lingua, gli acuti, magra, i mediocri, composta. E così l’aceto con
l’olio fa musica al gusto, come i gravi suoni e acuti all’udito, e perché
ad altri animali è dolce una cosa, ad altri amara; e pur tra gli
uomini si vede che i fanciulli, per il blando spirito loro, cose dolci
bramano, i vecchi, amare; alle capre la ginestra è dolce, a noi
amara. Lo stesso si stima delle voci, ché l’asino gode la musica dell’asino,
e l’uomo dell’uomo, e così di tutti. Ma nel mondo non ci
è odore né fetore, né dolcezza e amarezza, né musica né cacofonia,
se non in rispetto di cose varie; ma a tutto il mondo ogni cosa
è musica, dolcezza e odor buono.
Per meglio conoscere che lo spirito mobile toccato ode, e non
è cosa in noi incorporea, come afferma Aristotile, si vede che Pitagora
con la musica sanò i furiosi, Damone gli ebrii, Timoteo induceva

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