Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 133
muore. E poi scorsi come la potenza è da sé, e dissi: può perché
può, ma non sa perché sa, ma perché può sapere. Dunque
la sapienza ha interna processione dalla possanza, e poi ama,
perché sa e può: che quel che si ignora o non si può non si
ama. Dunque l’amor dal saper e dal potere procede. E perché
queste eminenze metafisicali non fanno compositione
nelle semplici cose come nel caldo, nella luce, nel freddo etc.,
dunque, dissi, ponno star in Dio, prima possanza, prima sapienza
e primo amore, le processioni, e l’unità, e la trinità,
senza compositione, Dio intendente, e Dio medesimo inteso
da sé, e Dio amato da sé intendente et inteso, e trovai che
chiamar le persone sia de fide rationale, e che di miglior modo
non si può in terra ciò parlare. E vedo per natura la possibilità
de la trinità, e poi per fede subito consento che sia in realità,
e che essentialmente sia lo stesso potenza, sapientia et amore
lo dissi sopra, e la Metafisica mia insegna questi principi. Né
Christo haveria mai detto che ci battezzassimo in nome del
padre, del figlio e del spirito santo, se non fosse equalità somma
et unità fra loro, perché dare alla creatura l’honor del padre
creatore saria ignoranza empia, mettendoli di pare a pari,
il che nel resto non scorgo in Christo, ma piissima sapienza;
dunque, dissi, è vero quel che la chiesa chatolica Romana crede,
e mente Arrio.
E san Paolo più m’accertò quando disse: «Christus ipse est
ante omnes et omnia in ipso constant» (come costariano in
Christo le cose se Dio non fosse?) e «in ipso sunt omnes
thesauri etc., inhabitat omnis plenitudo divinitatis», e san
Giovanni vole che ’l medesimo verbo che era appresso Dio, e