Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 71
fuchi come sacerdoti. Ma questa loro religione si stende solo
al commodo de la presente vita, perché altrimenti comunicheriano
con noi, come noi con gl’angioli di questo gran negotio,
e si vede che per un prato e per il coito lasciano ogni
altra cosa. Dunque, conoscendo il benefitio del sole gl’ucelli,
che li desta all’opere loro, lo cantano, e l’elefante ama la
luna, che la notte lo guida alle sue attioni, e le lepri ancora
credo, poi che son notturni; e l’herbe si volgono per la soavità
che sentono dai raggi in loro penetranti, e per senso che si
desta in loro. Ma non si può dire che del Monarca del Mondo
invisibile havessero conoscenza altra che la naturale, per la
quale son mossi a tutte l’opere, concorrendo Dio ad ogni loro
attione internamente, perché ogni cosa è da Dio, in Dio e per
Dio.
8. Di più, l’argomento di Christo è efficacissimo, che dice
se Dio si manifesta a Mosè dicendo: «Io son Dio d’Abram,
d’Isac, di Iacob», si deve stimar che Abramo, Isac et Iacob
sian vivi. Perché saria scorno di Dio appellarsi Dio di cose
morte, e questo val per tutti, che avendosi Dio dichiarato a
gl’huomini per padre e Dio loro, saria viltà dirsi Dio di cosa
c’ha a viver un poco, e star poi morta in eterno. Che Dio
l’habia dichiarato agl’huomini s’è provato di sopra, e
meglio si dirà appresso, che negar questo è sfacciatagine, come
negar che sia Roma nel Mondo.
E David conobbe questo argomento quando disse: «Domine,
quid est homo quia innotuisti ei?». Certo questo argomento
sempre mi fa guerra nelle mie considerationi, dicendo:
che bisogno ha Dio di noi, che si voglia manifestare, e
di più farsi huomo?
Ma poi, quando miro che Dio fece il Mondo di cui non
havea bisogno come se n’havesse, e tante belve, e pietre, e