Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 29

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d’altri, ma, si è cosa di momento, domanda il Amor e ’l Sapienza
e ’l Sole. Si propone in consiglio grande, dove entra
tutto il popolo di venti anni in su, e le donne ancora, e si
dichiara la giustizia dell’impresa dal Predicatore, e metteno in
ordine ogni cosa.
Devesi sapere ch’essi hanno tutte sorti de arme apparecchiate
nell’armari, e spesso si provano quelle in guerre finte.
Han per tutti li gironi, nell’esterior muro, l’artellerie e
l’archebugi preparati e molti altri cannoni di campagna che
portano in guerra, e n’han pur di legno, nonché di metallo; e
così sopra le carra li conducono, e l’altre munizioni nelli muli,
e bagaglie. E se sono in campo aperto, serrano le bagaglie
in mezzo e l’artellerie, e combattono gran pezzo, e poi fan la
ritirata. E ’l nemico, credendo che cedano, s’inganna; perché
essi fanno ala, pigliano fiato e lasciano l’artiglierie sparare, e
poi tornano alla zuffa contro nemici scompigliati. Usano far
i padiglioni alla romana con steccati e fosse intorno con
gran prestezza. Ci son li mastri di bagaglie, d’artellerie e dell’opere.
Tutti soldati san maneggiar la zappa e la secure. Vi
son cinque, otto o diece capitani di consiglio di guerra e di
stratagemme, che comandano alle squadre loro secondo prima
insieme si consigliôrno. Soleno portar seco una squadra di
fanciulli a cavallo per imparar la guerra e incarnarsi, come
lupicini, al sangue; e nei pericoli si ritirano, e molte donne
con loro. E dopo la battaglia esse donne e fanciulli fanno

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