Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 312
delle parti per suo corpo rimanenti, hebbero possa et voglia
et senso di producere. Si putrefanno le cose, mentre il
calor nativo da sé stesso e da quel dell’aere augumentato
viene ad ammollire et rilassare et consumare le parti della
materia in cui siede: onde il sale - che fa essalare
il calore et indurar la materia - et il freddo che l’ammazza
preservano dalla putrefattione. Dunque la terra, putrefacendosi,
in pianta et in vermi si converte per l’abondanza
del caldo ritenuto dal grosso; e tutte le cose essendo calde,
tutte son piene di pori et meati invisibili, per li quali il
calore essala con la sottilezza nell’aere continuamente,
mai scordandosi della sua origine, ma chi più et chi manco.
Ma le piante n'hanno troppo assai, onde soprastanno nell’acqua,
fuorché alcune densissime, come l’elce et l’ebano
et altre. Furo altre piante di ben vinta et lenta terra
generate, sì che, uscendo fuori, molta sottilezza nel mezzo
del grosso trovossi, et così restaro pertugiati i
lor tronchi con alcuni nodi contraposti fin dove l’impeto
dello spirito interno le spinge a crescere con interpolate
forze: come a molte herbe si vede avvenire, le quali per la
lor debolezza non vivono più che un anno, perché il molto