Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 75

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prende ch’è molteplice, ma risponde ad una maniera d’idea della
divina mente, e secondo quella l’animale è uno, non secondo questo
d’Aristotele.
Non nego per questo che la mente che Dio all’uomo dona non
possa esser forma dell’animale umano, poiché la Clementina così
determina. Ma quella determinazione fu contra Averroè che pose
un intelletto solo in tutti gli uomini senza informare, ma solo
assistere, come sant’Agostino pose la divinità in Cristo, e per levar
quell’errore disse il papa che ogni uomo aveva l’anima propria
informatrice. Questo è glossato da alcuni, ma io la credo com’egli
dice, perché l’anima che Dio dona non pende dalla materia e dal
temperamento, ma da Dio, come luce dal sole, talché può diversi
temperamenti uniti informare, come il lume lo specchio, la nube
e l’aria insieme informa e attua. Ma cosa uscita dalla temperie non
può esser forma di varii temperamenti; e tale è l’anima che Aristotile
conobbe, perché da Dio nulla cosa produce egli se non il
moto della prima sfera imitato dagli altri motori. A complemento
di questa dottrina bisogna esaminare l’altre maniere di sensazioni
che ad Aristotile fan trovare altre anime ignote.
CAPITOLO 19
Opinion di Peripatetici che d’un’anima indivisibile secondo loro
fanno molte anime o parti o potenze diverse

Gli Aristotelici che si sforzano far uno l’animale togliendo la trinità
dell’anima contra Platone, incorrono in più varietà, perché
non tre, ma molte anime o parti mettono negli animali, e dopo i
cinque sensi di cinque varie forme informati, e di più del senso
commune aggiungono la memorativa, e dicono che sia altra dal
senso perché ritiene ella le specie, ma il senso le riceve; e si vede

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