Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 114
comunità, et uscì proverbio: «Amicorum omnia communia».
Dunque molto più tra fratelli quali n’ha fatto Christo in uno
spirito di amore e di ragione.
Si vede pure che hoggi non si vive con le leggi di Christo
solamente, ma con le leggi civili, perché la malvagità e fragilità
non si confida osservarle, ma la legge di Christo tiene
li tribunali de la conscienza alli quali ciascuno va a pigliar
penitenza delle colpe, facendo in sé giustitia voluntaria, e beati
noi se non vi bisognasse altro tribunale, et ognun dimandasse
pena di sua colpa, senza aspettar chi altri l’accusi, e chiami
testimoni.E questo fu desiderio di Socrate, e dicea che
così vuole la ragion naturale, e che non vi siano oratori a difender
le cause, né leggisti glosatori, come riferisce Plato.Né
solo questo disse Socrate, ma che neanco si deve l’huomo
difendere e scusare, e si è condennato a torto, deve ricever la
sentenza con humiltà, aspettando da Dio ricompensa dopo
morte.E questo disse e fece Socrate imitando a Christo, a lui
ignoto in carne, ma noto in natura ragionevole.
/Tutta la lege di Christo dunque si trova possibile e secondo
la natura, e li buoni stoici, pitagorici e socratici, anzi e
platonici li consentono naturalmente: ma non li peripatetici
et epicurei. Hor veda chi studia bene a chi si deve credere.
Di più, non si può negare che chiunque osserva la legge di
Christo, «quaecunque vultis ut faciant vobis homines et vos
facite illis», non sia persona a tutti utile, buona, rationale e
degna di honore, e che fa l’huomo buon per sé e per la repubblica,
e certo è assai migliore, più magnanimo et heroico di
quel precetto naturale a tutte le genti: «Quod tibi non vis,
alteri ne feceris», perché questo è di giustitia, quello di magnanimità