Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 146
che noi adoramo li santi, che pur son detti Dei per gran participatione
d’eccellente divinità, io dico che in questo senso
non haveriano peccato, et in tal modo Platone riverisce gl’heroi,
che son huomini divini, che per grandi virtù e benefitii
fatti al genere humano son degni d’esser adorati non con latria
e servitù, come Dio vero, ma con dulia et osservanza e
riverenza, come amici del Dio vero.E questa è la
theologia Romana di Varrone e di Valerio Sorano, di Seneca e
d’altri filosofi, et in Egitto Trismegisto mostrò il vero Dio, e
lasciò il culto in questo senso alli secondi Dei. Nondimeno la
plebe scorse a tanto, che non solo sconoscea il vero Dio, donando
a Giove il primato: ma poi le statue de li Dei marmoree
e di legname morte adoravano con culto divino.
E questo fè a Mosè che levasse ogni pittura e statua, e di
questo li profeti e san Paolo si doleno. Anzi Socrate, vedendo
Alcibiade portar in voto una corona alla statua, li persuase che
quelli non erano Dei, né imagini di vero Dio, e che più imagine
di Dio è il savio filosofo e l’huomo da bene, che quella
statua.E Platon dice che più statua di Dio è tuo patre che
questo figurato legno, e più honore a tuo padre che a quello
devi, e li Stoici furo del medesimo parere, onde Catone in
Lucano sprezza di pigliar l’oracolo d’Ammone, e dice «Iuppiter
est quodcumque vides, quodcumque movetur». Non ci
fu scola sciocca nel Mondo che questo non conoscesse.
Ma di più dico che questi loro Dei né anco meritavano honor
tale qual noi donamo ai santi, perché l’historie loro narrano di
Giove e di Mercurio e di Venere molti adulterii, stupri e vitii
enormi. Di Iano io non parlo, perché credo che fu Noè, e