Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 180
liberi, overo almeno parer tali. Ma poi non ponno arrivar
a grado tale, che sian degni di indubitata fede, perché
neanche l’huomo si sogetta all’huomo nel suo secreto: perché
«qui velit ingenio cedere nullus erit».
/Hor dico, che solo Dio è vero mastro, perché non ha di
chi temere, né a chi adulare, né desiderare, perché corrompa
la verità. È poi sapientissimo, che a nullo modo può ignorarla.
È pur ottimo et amorosissimo, che non ha ambitione, né
interesse, né inganno, né fraude che lo distoglia da la verità.
Egli solo è padre nostro, perché i padri nostri non sanno far
huomini, ma fanno quell’atto tirati d’amore, sferza di Dio,
senza saper quel che riesce e come si fa nell’utero. Dio solo è
signore dell’huomo, autor de la vita e de la morte, e come
pastore di spetie superiore, ma li prencipi politici son come
nostri fratelli magiori, e come montoni della spetie del gregge
alli quali appese Dio in collo la campana, al cui suono il gregge
si guida. Son vicarii di Dio, né ponno punire se non secondo
la regola da Dio prescripta, ch’è solo signor di noi. Questa
regola è la legge naturale e positiva insegnata da filosofi e da
legislatori, in tanto degni di fede in quanto sapienti, amanti e
liberi di passione, cioè simiglianti a Dio.\
Hora dico che tutti quelli che han dato dottrina religiosa e
legge alla gente, o furo mandati da Dio, visibilmente a loro
comparendo, perché è inacessibile a noi, e molto più alla
moltitudine, et autoriza alcuni a questo offitio, sendo provido
et amoroso signore; o dalla ragion naturale; o dall’astutia
propria; o dal demonio.