Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 226
questi son fuor di noi, e poco si sentono, e mendicar bene da
l’openione de le genti è una afflittione di ignoranti, che non
hanno in sé bene, e lo cercano altronde, come ben diffiniscono
tutti li filosofi contemplativi di questi negotii. Temono
sempre di perder lo stato, son pieni di sospetti dalli servi;
quando fan qualche atto han mille testimonii; son forzati a
vivere a senno altrui; se fan qualche male, hanno mille giudici
e murmuratori; han bisogno sentir questo memoriale, hora
quello, provedere a cose infinite con travaglio grande. {quelli che pensano alli honori e stati e principati}Son
forzati talvolta far dispiaceri e danni a mille persone, e piaceri
e benefitii assai pochi; mirar come con reputatione e senza
danno allo stato... pon satisfar a tante parti di genti, e dar
raggione a tanti ambasciatori; trovar gabelle e fraudi per
far danari; opprimere il populo innocente con forza e sofismi;
pensar di render conto di tanta gente a Dio; e se questo
non credi mentre sei sano e contento, quando sei infermo o
vicino a morte è impossibile che non ti venga inanti gl’occhi,
e che pensi de l’altra vita, e che biastemi tutta la vita passata.
Infelicissimi più son li tyranni, come pur disse Dionisio, e
non lasciano la tirannia per paura c’hanno di non esser poi
mal visti e persequitati da quelli tanti che essi persequitaro.
Vedi Senofonte. Lascio stare che li beni del Mondo mai non
satiano, e tutti li iniqui son pieni di superstitione, di ardenti
desiderii, di stimoli di honori falsi e di ricchezze, e quando
considerano la propria fiacchezza et ignoranza, e si vedono
indegni di questo carico, si attristano, e son forzati fingere di
esser savii e valenti, e questo è uno annichilar se stesso mostrando
di esser quel che non è, e farsi altro, et odiare li sapienti,