Tommaso Campanella, Ateismo trionfato, p. 26
Dunque questa gente che si appiglia al Mondo dà gran
sospetto che non ci crede a quel che dice, e che n’inganna per
suo commodo, e che noi entrando in religione siamo ingannati,
e poi diventiamo ingannatori, e ci restiamo con l’uso de
gl’altri, per ignorar meglio, o per li commodi nostri. E tanto
più che se mostri dubitare, subito sei brugiato come heretico;
e non ci è chi sappia provarti quel che dice, si non con parole
fredde, insulse e minacciose, calde solo di spirito di superbia
o di stoltitia, ma non di carità, di ragione viva; la quale fa in
loro prima questo effetto, che in te volrian destare. Se poi ci è
alcun veramente santo fra tanti falsi santi, non si può scorgere,
perché si occulta da per sé, e perché stiamo nelle tenebre,
tutti paremo di un colore.
4. E li beni e mali di questa vita avvengono così alli pii
come all’empii, né puoi saper chi è l’empio: «Omnia in futurum
servantur incerta». Anzi più sono aflitti degl’empii li pii,
sempre calunniati e lacerati, come dice Platone nell’Apologia,
e così Salomone: «Vidi iustos quibus mala proveniunt tanquam
opera egerint impiorum, malos autem qui ita securi sunt ac si
bene egissent. Quod vanissimum iudico». E da questo nasce
(disse inanzi) che «corda filiorum hominum implentur malitia»,
che altri negano Dio, o la sua providenza, parendo sconvenire
a Dio ottimo massimo lasciar patire l’amici suoi e goder
li nemici; anzi lavar nel sangue dell’amici le colpe delli nemici.