Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 13

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tutti si mettono alle matematiche, medicine e altre scienze, e
ci è continua disputa tra di loro e concorrenza; e quelli poi
diventano offiziali di quella scienza, dove miglior profitto fanno,
o di quell’arte meccanica, perché ognuna ha il suo capo.
E in campagna, nei lavori e nella pastura delle bestie {i Solari} pur vanno
ad imparare; e quello è tenuto di più gran nobiltà, che più
arti impara, e meglio le fa. Onde si ridono di noi che gli
artefici appellamo ignobili, e diciamo nobili quelli, che
null’arte imparano e stanno oziosi e tengono in ozio e lascivia
tanti servitori con roina della republica.Gli offiziali poi s’eleggono da quelli quattro capi, e dalli
mastri di quell’arte, li quali molto bene sanno chi è più atto a
quell’arte o virtù, in cui ha da reggere, e si propongono in
consiglio, e ognuno oppone quel che sa di loro. Però non può
essere Sole se non quello che sa tutte l’istorie delle genti e riti
e sacrifizi e republiche e inventori di leggi e arti. Poi bisogna
che sappia tutte l’arti meccaniche, perché ogni due giorni se
n’impara una, ma l’uso qui le fa saper tutte, e la pittura. E
tutte le scienze ha da sapere, matematiche, fisiche, astrologiche.
Delle lingue non si cura, perché ha l’interpreti, che son i
grammatici loro.Ma più di tutti bisogna che sia metafisico e
teologo, che sappia ben la radice e prova d’ogn’arte e scienza,
e le similitudini e differenze delle cose, la Necessità, il Fato e
l’Armonia del mondo, la Possanza, Sapienza e Amor divino e
d’ogni cosa, e li gradi degli enti e corrispondenze loro con le
cose celesti, terrestri e marine, e studia molto bene nei profeti

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