Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 100
potere, sapere e amore, come in Metafisica provai); dunque
si scorda dell’esser cielo e si fa uno con la materia, e architetta
quella per viverci, e fa tanti mirabili instrumenti per la vita composta,
guidato dalla prima sapienza con soavità, e così può fare come
può sapere. La necessità e il fato lo spinge a fare il lavoro, e risulta
ad armonia del tutto; e in ogni atto soprastà la causa prima,
talché non ha bisogno la natura della pianta e d’ogni altra cosa di
consulta; ma la virtù che la prima sapienza le dona in ogni atto basta
a compirlo. E questo è l’istinto divino che non si fa ignorantemente,
come altri pensa, ma con sentimento, perché ama l’essere
l’architetto, dunque ama Dio donde pende l’essere, e bene li par
così lavorare come lavora; e Dio è il primo bene per cui ogni altro
bene par buono, e così doversi lavorare. Comincia e fa al buio i
suoi lavori secondo l’influsso della causa prima modificato in lui,
e nel reggere poi la pianta pur è guidato dal potere, sapere e amore
dell’essere, ché da possanza, senno, amore, primo ente, avvengono
per tutto, e ogni atto d’ogni cosa dal primo atto è nato.
Dunque saviamente san Gieronimo attribuisce a Dio la composizione
dell’uomo nell’utero, e così quella donna maccabea disse:
«Io non so lavorare uomini, né come nel mio ventre siate comparsi»,
parlando ai figliuoli, perché invero alla causa universale
e principale con più certezza convien l’effetto che alla particolare.
Dunque quando il calore s’amplifica, la pietra cresce, l’arbore
s’arma di spine, tutti sono atti degli enti secondi come instrumenti
della prima causa; e quando errano è permission della prima e
non azione, perché non concorre Dio primo essere al non essere.
Dunque quando il freddo è ammazzato dal caldo, Dio concorre
all’amplificazione del calore, ma non alla destruzione del
freddo, se non per accidente in quanto il calore amplifica, ma lascia
patire il freddo, permettendo così, non donandogli forza di
resistere più che all’altro di agire. E se questo avesse considerato
Calvino, non averia fatto Dio causa attiva del peccato, il quale è
un mancar di perfetto agere, ma non esso agere, e all’agere concorre,
perché è diffusione d’essere, ma non al mancamento dell’
ordine perché è gire al non essere, il che ripugna a Dio.