Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 106
credere che le mosche e pulici e zanzare avessero a risuscitare in
gloria, e che la terra non basta a rifar tanti corpi d’animali, poiché
ogni dì ne muoiono milioni di milioni, e di tante specie che, misurata
la grossezza della terra e la rotondità, e poi, donando ad
ogni uomo un passo di terra per il suo corpo che ha da ripigliare,
non basta quasi agli uomini tutta a rifare i corpi, facendo il conto
esquisito, et egli cominciò a discredere quella sentenza bestiale in
favore delle bestie. E chi l’ha creduta degli antichi, per successione
ritornar dopo certo tempo afferma, e non insieme. Ma questo
altrove ho disputato a lungo. Talché dico mo che l’infinita intendenza
e desiderio dell’uomo infinito, e il culto divino e sollecitudine
di conoscere Dio e l’altra vita, son certi segni che a lui s’appartenga
immortalità, e n’assicurano della rivelazione. E già s’è visto
che nullo ente procura se non la vita presente, né la natura dona
desiderio di cercar quelle cose che non si convengono a chi le
cerca; e s’è visto che le belve non curano altro, e così le piante e le
pietre; s’è visto la signoria dell’uomo in tutte le cose pender solo
dal giudizio, et egli potere imitare Dio in tutte l’opere della natura
che è arte divina; e la prima sapienza servirsi dell’uomo a cose
altissime, come d’instrumento a sé consimilissimo e capace di divinità
e immortalità.
CAPITOLO 30
Il senso conoscenza vera, la memoria languida, il discorso strana,
l’intelligenza lontana, e la mente umana tutti communi
averli con lo spirito; esser di lui forma immortale;
e nullo argomento contra questa dottrina valere
Ascoltate, o voi che bramate verità: la sapienza è la conoscenza
certa d’ogni cosa, internamente, senza dubitanza. Et è presa questa
voce dalli sapori che il gusto sape, perché per tutti sensorii noi
conoscemo la natura estrinseca dell’oggetto, e dell’acqua il freddo
strano sentiamo, e nella garobba faccia nera di freddo appare,