Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 11
CAPITOLO 4
Il senso essere percezione di passione
con discorso di cosa esistente in atto,
e non informazione di pura potenza; e le sue differenze
Par che sia il senso passione, perché quando noi sentiamo il caldo
o il freddo, caldi o freddi ci facciamo; ma quando non sentiamo
quelli, è perché non sono tanto possenti che ci muovano. Così il
febricitante, toccando uno, che a me sano par caldo, sente fresco
da quello; ma chi tocca uno tanto caldo quanto è lui, non lo sente;
talché allora sentiamo quando patimo, e, la puntura pungendo, e la
dolcezza noi addolcendo, e l’odore le narici infacendo, e il colore
la vista aggregando e disgregandoci sentiamo. Il senso, dunque, è
passione; ma di due sorti, perché o il sensibile ci diletta o ci dispiace,
o non reca passione tale che diletto o dolore rechi, ma ordinaria.
Dilettano quelle cose che conservano la simmetria del senso nostro
in tali organi talmente concinnata, onde il calor blando, al nostro
simile, diletta; e dispiacciono quelle che struggono, come il ferro
ardente; e così tutti gli oggetti, se a conservarci servono, piacere;
se a distruggerci, dispiacciono. Il senso, dunque, non è solo passione
perfettiva, come Aristotile stima, ma corruttiva ancora.
Di più, quando sentimo una cosa, non prendemo tutta la virtù e
forma di quella, né quando vedemo la pietra, pigliamo la sua forma,
perch’essa non si può di sua forma spogliare; ma la luce tinta della
sua superficie a noi entra per gli occhi e tocca lo spirito e muove; e
per quella sente, ma se di quella s’informasse diventaria pietra.
Talché il senso non si fa per informazione, come vuole Aristotile,
ma per immutazione; ché, se fusse informazione, saria total
destruzione della precedente forma e introduzion dell’altra. E allora
il fuoco e il sole conosco, quando da loro sono mutato; ma
non del tutto, ché saria farmi fuoco, ma poco; e da quella poca
mutanza, misura la virtù mia senziente il resto della possanza del
fuoco; e dall’altre esperienze, che in altre di lui vede in cose ardenti,
essere grandissima argomenta.