Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 127
e allora è più veloce innanzi per più lume che prende diritto
verso noi o verso il cielo; ma ne’ quadrati e trigoni e sestili varia,
secondo al sole più o meno s’oppone e aggiunge; e non cala
nell’opposizione come gli altri perché sta di sotto del sole et è di
poca luce sua, e tutta dal sole la riceve, e quando più ne ha, più si
alza in ogni sito.
Si vede poi l’artificioso moto del sole, che in ogni parte del mondo
agguaglia la luce alle tenebre, e chi ha lunghe notti ha nell’opposito
sito lunghi giorni, e l’equatore sempre uguali d’ogni tempo,
e gli altri in varii tempi ricompensarsi, e assaltar la terra con tante
vie, e non dargli tempo di rifarsi tutta; né fermarsi egli mai, perché,
se bene in un luogo la distruggeria, il freddo suo e ombra opposita
all’altra parte vinceria, il cielo e le stelle fuggendo, e rinforzando;
ma con arte camina, e la prima arte divina si serve di questa sua volonterosa
guerra a generar qua giù le belle cose che si veggono ogni
ora a gloria del Creatore, la cui idea si manifesta in varie forme da
questi stromenti suoi, con loro gaudio e pensiero agenti, e non tirati
a forza da angeli come Aristotile pensa. Ma il moto dell’anima
esser circolare Averroè pur disse, ben che il corpo glie lo faccia variare;
dunque è celeste. Che nulla cosa immobile faccia il moto, altrove
mostrai; né il cielo, né lo spirito, se non per appoggiar questi
il corpo, aver bisogno di cosa immobile contra Aristotile si è disputato
da me e dal Telesio, e non senza ragione i filosofi dicono
che l’anima sia parte di etere, e il corpo parte di terra.
CAPITOLO 3
Che il cielo si muova dalla propria virtù e le stelle da sé intra lui,
e forse aver menti angeliche che l’attivano il moto
Parve ad Aristotile che il moto del cielo non venisse dalla propria
forma e virtù, ma dagli angeli, e tanti ne fece quante sfere pose;
nel libro De coelo, otto, nella Metafisica, cinquantacinque, perché,