Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 158
che ageno per il fine: i frutti per immortalarsi e le spine per difenderli
e le foglie per coprirli. Ma se anima han le piante, come
può stare che sia anima e non senta, perché non ha occhi, orecchie
e naso? Già abbiamo mostrato che questi non sono sensi, ma
vie e fenestre del senziente spirito. Almeno non doveva negar loro
il tatto, perché le radici simili alla bocca dell’animale attaccate
a terra per succhiare il nutrimento conobbe, laonde gusto ancora
loro donare, perché si vede che non ogni pianta in ogni luogo si
nutrica, ché il pepe si fa in India, non in Italia, e li citrangoli in
Italia, non in Germania.
Dunque si nutrica la pianta del liquore terrestre a sé simile, e
quello succhia, e posta in dissimile luogo muore perché non succhia
quel che a lei non è buono; né di tutto il suolo si nutrica, ma
del liquido; però zappamo attorno le piante perché entri il sole e
liquefaccia la terra e fermenti, sì che si possa nutrire, e però sterco
caldo e grasso apponemo alle loro radici. Dunque ella discerne
il buono dal non buono; dunque ha senso di quel che la serva
e non serva; e questo mostrano l’estate, quando per soverchio
calore sono squallide, smorte, con le chiome abbassate, come
afflitti animali, e sopragiungendo una pioggia o abbeverandole,
subito rinverdiscono, alzano le cime in su, si avvivano e abbelliscono
e mostrano manifesto sentimento di allegrezza e di ristoro.
E come potrebbe dividersi il nutrimento per tutto il suo corpo,
con tanto ordine, mandando all’osso la parte soda, alla midolla
la lenta, alla scorza e nervi la viscosa, alle foglie la lubrica, ai
semi l’untuosa, ai fiori la leggiera e ben cotta sostanza, se ogni parte
non avesse senso di tirare il simile, e spirito non ci fosse che cocesse
e facesse il partimento? E già si vedono nella pianta nervi
e vene attorno all’osso sotto la scorza, e quivi abitare l’anima è
necessario, perché, tolta loro la scorza, muoiono; ma se sono tagliate
più che mezze, purché resti scorza dall’altra banda, non
muoiono, perché lo spirito loro è grosso e non esala sì facilmente
per la rottura dell’altra parte, ma tira egli con suoi vasi di questa
quel che il suolo succhiato somministra.