Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 20
CAPITOLO 8
Tutti accidenti, che per istinto avvengono,
essere effetti del senso delle parti e di tutto il mondo
Molti s’affaticano provare che ci sia istinto senza ragione e senza
senso, poiché la calamita tira lo stupido insensato ferro, et essa
sempre al polo si volge con mirabile istinto; e la donnola per naturale
istinto, contra sua voglia, si mette in bocca al rospo et è
divorata; e il tauro, quando fugge, sotto la ficaia s’affrena da sé,
arrivando ad incontrarsi; e i delfini amano gli uomini; e molti
animali predicono le pioggie e venti senza esser profeti; e il gallo,
piccolo animale, spaventa il leone; e altri esempi tali adducono.
Alli quali rispondo che tutti questi esempi additano il senso e
consenso di tutte le nature, e che esso istinto sia di senziente natura
impulso. Non mira la calamita al polo propriamente, ma si discosta
alcuni gradi verso un’isola del settentrione, di calamita tutta
costituita; però è tale il senso della calamita che sempre alla sua
università si volge; e come il fuoco in cielo aspira e la pietra in
terra e l’acque al mare, così ella a quella parte guarda dove è la sua
più gran parte; e per il consenso che ha quell’isola alle stelle settentrionali,
alle quali soggiace e che la fomentano, ogni altra calamita
a quelle stelle par che miri. Però se travolgi la calamita altrove,
ella subito torna alla sua positura, come l’uomo, cascando
con la faccia a terra, subito s’alza verso il cielo alla sua positura, e
li rami de gli arbori piegati tornano al sito loro. Non so se miri al
polo antartico, ché non mi lice parlare a naviganti, ma ben credo
che, passato l’equinoziale, miri all’altro polo, e ivi esser consimili
miniere di calamita, poiché tutte consimili son le cose de gli opposti