Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 204
ancora che tutte le cose attrattive siano buone ad amore, come la
calamita, il corno del cervo che tira le serpi col naso, il caratobleferon
che portavano al collo l’egizie per trovar marito, l’ambra
che tira la paglia. Alcuni usano li peli e semi umani, perché donandosi
alla femina le comunica il senso del maschio e la propria
voglia. E benché queste altre cose non tirino proprio l’uomo, pure
applicate a chi tiene affetto d’attraere, fan mistura e aiuto. Così
le cose espulsive e fetide inducono odio, come lo sterco della
donna, il menstruo, lo sputo, lo pidito; e quando una cosa non
basta, molte e molte fiate bastano.
Comandò Moisè che non si cuocesse il capretto nel latte della
madre, credo per insegnar pietà ancora con le bestie, per meglio
usarla tra noi, e perché resta il senso sopito, e l’uno si duole
per l’altro, e fanno mala cottura. Non è dubbio che se il morto serpe
si ritira dal frassino, tra la madre e figlio resti maggior passione
e simbolo. Si potria trovar anco che l’occhio dell’aquila serve
per acuirsi la vista, l’orecchie del lupo al nostro udito, l’odorato
aiutarsi con quello del cane; e chi va filosofando dalli colori, odori
e sapori, e figure, azioni, proprietà e consistenza delle cose, troverà
infiniti secreti ad ogni proposito suo. Io qui più la speculativa
che la pratica dichiaro.
CAPITOLO 14
Dall’occhio procedere forza trasmutativa e per consenso attiva
L’occhio manifesta molte cose magiche, poiché, incontrandosi un
uomo con l’altro, pupilla con pupilla, la luce più possente dell’uno
abbaglia e abbatte l’altro che non può sostenerla, e spesso induce
quella passione che ha nel paziente: gli amanti amore, l’irati
sdegno, i turbati mestezza; ma poco dura, perché non si fermano
o non è altronde la passione fomentata.