Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 208

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Fanno vedere l’imagine d’un uomo rappresentata non sai donde,
e vedrai solo una scrittura sopra una tabella; ma la tabella ha
molte lenze che di dentro tutte riflettendosi su allo specchio, che
sta come cielo, convengono di sito a formar quella imagine che in
loro è partita; stanno esposte in fuori con egualità, e non pare
come di dentro abbino levatura. Così in una carta si forma imagine
lunga due palmi, e mirando per traverso quelle linee che non
parevano imagini, fanno imagine certa, perché quel ch’è lontano
par più picciolo che il vicino, e le luci obblique da loro vengon
congiunte.
Fanno vedere un ceraso che sta nel fondo del bicchiere alzato in
alto, dove si rifrange la luce che da quello si alza e a noi si porta. Si
può di qui a Roma portare l’imagine d’un uomo per specchi moltiplicati
e contraposti. Pensano alcuni che la luna potesse servire per
specchio di Napoli a Spagna, nella medesima ora esponendo una
scrittura in Napoli verso la luna, che essa rifletterebbe poi dentro
uno specchio di chi sta in Spagna e leggeralla. Ma questo è impossibile,
perché la luce reflessa della nostra scrittura non arriva fino
alla luna; né l’angolo, che nella luna fassi, potrà essere tale, in tanta
lontananza, che distingua ad ambi gli angoli della base.
Smorzano una candela e poi l’accendono in bocca di qualche
imagine dove ci avevano posto zolfo, il quale, toccando quel fuoco
che resta nel lucigno senza vampa, s’avvampa, e dicono che l’imagine
l’ha fatto. Gettano sopra la carne cotta corde di liuto sminuzzate,
e quelle per lo caldo si muovono, e par che abbino fatto
inverminir la carne; e così pure la fanno di cotta cruda, gettando
polvere di sangue seccato che quivi si liquefà al caldo succo e pare
sangue vivo.
Mille cose simili fansi o per giuoco o per furberia. Ma che li demonii
facciano vedere le cose in altra guisa che sono, non si deve
dubitare, ché san Clemente ne mette l’istoria di quel che fece Simon
Mago a suo padre; e molte più si leggono, onde è forza che

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