Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 212
debolezza dello spirito che si ritira dentro le viscere e teme del
combattere, del che l’altra parte accorta piglia sicurtà e vince. E
spesso una falsa voce ha dato ruina e vittoria. E si trovano uomini
di spiriti vivaci e venerandi, che con la voce e con la parola e
sguardo inducono orrore, come Caio Mario a quelli che andarono
ad ucciderlo; e il medesimo avvenne a don Lelio Ursino che
con la vista disanimò li smargiassi pagati a dargli morte; e in Germania,
assaltato da uno stuolo di rustici, con la vista e col dito minacciando,
ché non sapeva la lingua del paese, né aveva armi, li fece
voltare indietro. Si vede dunque che l’aria alterata da spirito nobile
atterrisce li vili. Pure Cesare atterriva quelli che lo tenevano
preso, e a me spesso è occorso far queste prove, talché la voce bisogna
che abbia affetto per infare altri. Ma come le voci semplici,
senza vedere il dominante parlatore, ponno infare, anzi pur li
caratteri ?
Dice Avicenna che la confidenza del buon medico sana l’infermo,
perché lo spirito, credendosi sanare, s’infà di sanità e piglia
forza sopra il morbo, perché la fiducia è la metà della forza, e
questa fiducia ci vuole anco nelle cose divine, perché, quanto più
ti fidi in cosa alta, tanto più l’animo cresce. Dunque, fidarsi in Dio
in tutto e per tutto è certissima ragione di aver la cosa bene sperata,
onde Cristo sempre diceva: «La tua fede ti ha fatto salvo»,
dopo che sanava la gente. E nel medesimo modo procede la natura,
che è arte da Dio innestata nelle cose, ché dove ci è fiducia
ci è vittoria. La fiducia soprannaturale a grazie soprannaturali alza,
la naturale a naturali. Verso dove si muove lo spirito, là arriva.
La speranza è moto principiato in certa fede.
So che una donna domandò una cartella sacra per sanare
della quartana, e un ribaldo scrisse così: «Dio ti mandi la mala settimana»,
e poi disse che non la facesse vedere, e la cucì bene dandole