Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 213
a credere ch’era di gran virtù, e subito quella donna sanò per
la fede, non per la carta. Certi in piazza donaro a credere ad un
sano che fusse ammalato, e tutti dicevano: - Tu stai pallido, tu sei
morto; e furono d’accordo molti a dirglielo. Costui prese tal timore
che s’ammalò e morì, perché lo spirito s’infece di quella persuasa
infermità e operò nel corpo come infermo, non purgandolo né
nutrendolo come soleva, e così s’ammalò. Li spiriti troppo sottili
e fuliginosi si persuadono assai questa falsità, e li spiriti grossi ancora,
perché né quelli né questi hanno moti e discorsi chiari e distinti,
come dissi nell’altro libro. Questa persuasione fa scoprire
il ladro con una polvere di pietra, perché non la può inghiottire,
ché lo spirito teme che il negozio non sia scoperto, e si ritira
e non piglia volentieri quella cosa di cui teme; ma chi fiducia ha
nell’innocenza inghiotte sicuro. Vero è che li troppo astuti non si
piglian con quest’arte, se non gli muove timore della religione.
Moisè dona una polvere alle secrete adultere per mano del sacerdote,
imprecando che s’era adoltera se gli rompano gl’intestini,
s’era pudica si salvi; e riusciva nel Testamento Vecchio questa
prova, sì perché Dio provvedeva a tale innocenza, sì anco perché
naturalmente conviene credere che lo spirito colpevole tanto
gagliardamente s’imaginava quell’affetto, per la riverenza del sacerdote
e per la colpa che l’accusava, che pativa da sé quel danno,
e rompeva le proprie viscere, come li arrabbiati con l’imaginazione
generano cagnuoli e abbaiano. Però la furia d’Oreste credo sia
vera, e di molti altri rei a cui Dio donò in pena l’efficacissima
imaginazione, la quale viene poi ad operare quelli atti, perché
ognuno pensa e opera così come è affetto, e tali atti e figure esprime
lo spirito formatore del corpo, quali esso aveva nel genitore, e
pur li nuovi sopravenienti, laonde il desiderio della donna, nel
fantolino poi espresso, mirare solemo.