Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 227
e lontananza della scienza, sì anco perché ogni goffo vorria
essere astrologo, per indovinare e svergognar l’arte.
Tutti li padri santi laudano i magi che nelle stelle Cristo conobbero.
Ma sant’Agostino dice che dopo questa gran prova non
si deve esercitare tale scienza: io credo perché il demonio s’ingerisce
con quei che l’ignorano. Ma non può fare il demonio che una
stella muti il suo sito e ordine naturale, che non nascano le comete,
né che il segno di Cancro sia Capricorno; né trovo scienza manco
soggetta al demonio di questa, e sant’Isidoro molto la lauda,
e san Geronimo nel Prologo della Bibbia la mette fra l’utilissime
scienze. Di più Alberto Magno; san Tomaso ancora nel detto
luogo e nel 2 De generatione et corruptione. E son certo ch’ella
non sia invenzione umana, perché in mille secoli non bastavano
gli uomini trovare tante imagini nel cielo che rispondessero di
simbolo e di virtù alle cose della terra e del mare, e attribuire segni
alli pianeti secondo la sua qualità, e dar li triangoli proprii a
tutti, e li termini d’ogni grado di segni.
Giuseppe con tutta l’antichità ebrea dicono che questa scienza
fu revelata a Noè da Dio, e gl’insegnò li segni delle piogge e diluvii
e incendii, quando li disse che facesse l’arca per il diluvio.
Il medesimo dice Filone, e che Abramo la portò alli Egizii; e Moisè
si scorge sapientissimo di quest’arte nella sua legge, a chi l’intende.
E gli antichi con questa aver allungato le vite loro sono
testimonii li predetti autori.
L’ottavo capitolo della Sapienza, dopo aver numerate le scienze
acquisite che tutte vengono dalla sapienza divina, così dell’astrologia
dice: «Si multitudinem scientiae desiderat quis, scit praeterita