Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 56
ma prima che il sole venisse tanto in giù, con molte consonanti
pronunciavano i Latini.
Or dico che molti simili con un nome esprime; però tutti gli
uomini particolari, uomo appella, e tutti corpi duri frangibili, pietra;
li piegabili, metallo; e trovò nomi a tutti communissimi e meno
communi e particolari. Perché ogni cosa del mondo è, disse
tutto ente e cosa. E perché le medesime cose che similmente lo
movono, pur dissimilmente l’appassionano, quella dissimilitudine
notò, e disse ente corporeo e incorporeo, e poi vivente e non
vivente, sensitivo e vegetante, razionale e irrazionale, e agl’individui
nomi propri donò. Or questi conoscimenti in tutta la natura è
forza che siano, perché il caldo non un freddo solo conosce, ma
da uno tutti gli altri; e questo è discorso. E il cavallo non un solo
orzo conosce, o un solo cavallo, né quei soli che ha visto stima cavalli,
ma tutti gli altri simili a quelli. Ma tra le cose le simiglianze
e differenze pur sentono; e quelli enti son più savi che più distinguere
e comporre sanno senza errore, cioè, non accoppiando le cose
divise, come chi dicesse: l’asino è uomo e il monte è d’oro; né
dividendo le cose unite, dicendo: la luce non è bianca, il sole non
è caldo, il fuoco non sente.
Tra le cose ci è la significazione commune che si fa per via di
tatto. Così, toccando l’aria un’altr’aria, sa l’effetto di quella, perché
vien mossa o scaldata o raffreddata da quella; e una stella, all’altra
i raggi mandando, i suoi conoscimenti communica. Ma tra
noi, chiusi dentro la grossa mole, bisogna batter l’aria che porta il
concetto, e aver convenzione con chi n’ode, che quando cosí batto
l’aria significo questa cosa, quando in quel modo, l’altra. E però
chi non sa la lingua del paese, che sempre si varia per la mutazion
del sole che cala e per la mescolanza delle nazioni, come si varia il
vestire e l’altre usanze, non può intender altro che le voci, naturali
a tutti, del riso e del pianto, e dolore consimilmente, e l’additamento
della cosa commune a tutti. Talché vien da poco discorso
lo stimar che le cose tra sé non si sentano perché non parlano,
essendo il parlare un significare impedito e tardo assai più che il
significar delle cose sciolte di corpo grosso, come sono gli angeli
e demoni, che subito si communicano il concetto, e quanto stiam
noi a figurarne uno, essi ne significano mille; e quanto è più veloce
la scrittura della pittura, e la parola della scrittura, e il pensiero
della parola, tanto più e assai più è il significar loro veloce.