Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 205
[AVERTIMENTO.
a.Quindi si vede che il calore non distrugge la terra,
non perché sia da forma agente raffrenato come strumento, ma egli
di propria virtù si muove e scalda; e la Providenza ordinò la conservazione
di questi contrarij senza por lor freno esterno, ma
necessità nativa di agere in modo che faccino gli enti e tra sé non
si distruggano a fatto, cosa stupenda a considerare.]
[DISCORSO NONO]
Della natura delle cose.
Dunque gli elementi et elementati saranno così,
perché ciò che hanno sortito nel primo conflitto combattendo
ha voluto Dio che fusse la natura. Dunque la terra
si fermò in mezzo per tema del caldo, ma la fermezza si
fè sua natura, et quivi sta per natura; et così tutto quello
ch'ella ha ha, havendolo ricevuto nel nascimento, nel qual
si semina l’essere che potevano haver le cose, et la potenza
e l’arte e l’amor di conservarlo. E 'l caldo anchora andò
a torno per incender la terra, et s'unì per le dette necessità
in stelle, et diede il moto alla sua mole, et per farla
atta a questo le diede il raro, et ciò che fece li
restò come propria natura dalla necessità del destino
del primo Senno attivo.