Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 32
in commune, e riceveno gli offiziali solari e la guardia, e si van
sempre acconciando all’uso della Città del Sole, maestra loro;
e mandano li figli ad imparare in quella, senza contribuire a
spese.
Saria lungo a dirti del mastro delle spie e sentinelle, degli
ordini loro dentro e fuore la città, che te li puoi pensare, ché
son eletti da bambini secondo l’inclinazione e costellazione
vista nella genitura loro. Onde ognuno, oprando secondo la
proprietà sua naturale, fa bene quell’esercizio e con piacere
per esserli naturale; così dico delle stratagemme e altri, ecc.
La città di notte e di giorno ha le guardie nelle quattro porte
e nelle mura estreme, su li torrioni e valguardi; e il giorno al
più le femine, la notte li maschi guardano; e questo lo fanno
per non impoltronire e per li casi fortuiti. Han le veglie, come
i nostri soldati, divise di tre in tre ore; la sera entrano in guardia.
Usano le cacce per imagini di guerra, e li giochi in piazza
a cavallo e a piede ogni festa, e poi segue la musica, ecc.
Perdonano volentieri a’ nemici e dopo la vittoria li fanno
bene. Se gettano mura o vogliono occider i capi o altro
danno a’ vinti, tutto fanno in un giorno, e poi li fanno bene,
e dicono che non si deve far guerra se non per far gli uomini
buoni, non per estinguerli. Se tra loro ci è qualche gara d’ingiuria
o d’altro, perché essi non contendono se non di onore,
il Principe e suoi offiziali puniscono il reo severamente,
s’incorse ad ingiuria di fatto dopo le prime ire; se di parole,
aspettano in guerra a diffinirle, dicendo che l’ira si deve sfogare
contro l’inimici. E chi fa poi in guerra più atti eroici,
quello è tenuto c’abbia raggione nell’onoranza, e l’altro cede.
Ma nelle cose del giusto ci son le pene; però in duello di mano
non ponno venire, e chi vol mostrarsi megliore, faccilo in
guerra publica.