Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 116

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si sa che Giacob era pio e Esaù empio
per sua libera elezione, onde meritatamente fu reprobato.
Apporta poi l’Apostolo l’esempio della
reprobazione di Faraone per isbassare maggiormente
l’arroganza degli Ebrei, del quale si scrive
che da Dio fu indurato il suo cuore, e conclude
che chi non vuole indura, a chi vuole riceve in
grazia, il che s’intende secondo il senso da noi sopra
esposto, come poi risolvendo questo argomento,
risponde l’Apostolo da queste parole suspensive
indotte per por freno agli ebrei che della loro reprobazione
e elezione di Gentili si lamentavano.
Seguita a crescere la disputa in questo modo; perchè
dunque si lamenta Dio che noi pecchiamo e
ci punisce poichè egli stesso c’indura, e soggiunge:
Chi sei tu che possi disputar con Dio e cercar
ragioni e dimandar conto a chi è la somma ragione
e podestà? E finalmente che non si debba
rivedere il conto a Dio, induce un autorità d’Esaia,
quale una volta parlando con quelli che vogliono
dar legge a Dio e le perfidiano contra e
l’onorano con le labia e col cuore sono da lui
lontani, gli assomiglia al trito del figolo, dicendo
guai a quel trito che contende col suo fabro dicendo:
non mi hai fatto bene, o non sai come dovemo
esser trattati, e altrove parlando Isaia contra
Baldassarre che contradiceva a Dio, induce la medesima
metafora del vaso di terra per mostrar
che la fragilità umana non deve contendere con
Dio di giustizia. Nondimeno si sa che Isaia parla
contro i perfidianti e malignanti, come appare
dal testo e dall’autorità di Nostro Signore che
apporta le parole annesse in questo testo: dice
Isaia contra i Farisei che a lui contrastavano
sotto zelo dell’osservanze legali contradicendoli
che non osservano straccio di quel che dicevano
fare rimproverando a’ Discepoli di Cristo certe
minutezze di cerimonie giudaiche, e non mirando
ch’eglino niente della legge divina osservano in
conscienza, ma certe loro tradizioni e bolle irragionevoli

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