Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 133

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Padre comune non la toglie, se non a quei figli
che inabili e indegni si rendono per malizia e in
tali stati muoiono. Ma Lutero attende a disputare
contra la natura e sua libertà e per fondar il
dogma della parzialità di Dio verso i figliuoli e
ammaestrare i prencipi ad esser buoni tiranni e
li popoli ben scelerati non facienti conto della
fede in Dio, ma ne’ suoi dogmi, onde più vuole
che si veda la giustizia esser vocabolo curiale e
de litiganti e che Cristo ci giustifica non perchè
l’anima ci ricerca di bontà, virtù e condizioni
divine, ma perchè, dispensandoci di far ogni adulterio,
omicidio, rimanghiamo con quell’anima adultera,
micidiale, la quale rimutandoci ci giustifichiamo,
perchè non ci è imputata questa malvagità,
perchè credettemo sicuramente di Cristo non
ce l’imputasse nella Corte sovrana, quasichè Dio
volesse perchè egli fa il medesimo come noi, manda
all’inferno, indura e acceca, e vende questa
furbaria per dicazione.
Ger. O vendetta di Dio, come ancora duri?
Giac. Noi ci adiriamo subito, ma Dio ci aspetta
a penitenza da buon padre, e guai a chi serve di
questa pazienza in farsi vaso d’ira raffrenato, dice
l’Apostolo.
Ger. Ditemi un poco, come le loro repubbliche
stanni in piedi se in noi non ci è libertà di far
bene e male? e come ponno dar legge ad altri se
non sono liberi?

Giac. Adesso veniamo al secondo punto, poichè
mostrammo quanto nuoce a’ sudditi questa
setta, perchè fa i prencipi con Dio tiranni; mostraremo
quanto noccia a’ prencipi tener sudditi
di questa credenza, il che dalle cose dette quantunque
noto esser potere, vi ridico pure che più
in loro può la natura da Dio fatta buona che la
falsa religione, e che i cittadini savii mantengano
la natural legge a meglio potere. Scaccia pur la
natura con la forca che sempre tornarà celermente
di rei legami facendosi vittorie, diceva Orazio

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