Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 257
Et più dolci et più sottili sono l’acque meridionali che le
settentrionali, perché de vapori sottili si fanno et passano
per terra secca et purgata. I grandissimi fiumi,
come l’Indo e 'l Gange, il Tigre, il Nilo, il Po et Dannubio,
l’Oregliana, il Maragnone, la Platta et altri assai,
che arrivano a sessanta leghe <di largezza> et a profondità
quasi simili al Mare Mediterraneo, bisogna dire che
nascano anch'essi di terra conversa in vapore et ispessata,
o di terra liquida ma non bruciata, perché non sono
salse né grosse né amare come il mare. Il quale,
benché sia dal sole continuamente scemato et privato
delle parti sottili et dolci, non però mai manca, mentre
tante copie d'acque li rientrano; né cresce, perché la
terra se ne suga gran parte della sua acqua, onde poi
sumministra humori a fonti, et parte n'essala et ritorna a
lui et alla terra sempre per circolo. Né diventa
dolce, perché sendo l’acqua salsa grossa, basta una particella
di lei ad ammantare molt'acqua sottile incorporata a
lei. Et è più ammirabile ch'ella non s'addolcisca né cresca,
che non il contrario: l’acqua salsa col caldo diventa più
salsa perdendo la sottilezza dolce, ma la dolce diventa più
dolce sendo più rarefatta. Dunque il mare mai fu dolce,
altrimenti i fonti, i laghi diverrebbono salsi: il che non