Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 280
[AVERTIMENTO.
a. Grand'errore d'Aristotele, dicente che i venti son agitati
dall’aere in giro: poiché l’aere ha moto sì debole che non può
quasi muovere zima de arbori, come può dunque dar moto al vento
che gitta torri et arbori? Dunque si muove da sé per trovar luogo,
ut supra.]
[DISCORSO DECIMO]
Dell’etherie.
Ma ne' paesi vicino al mare nel mezzo giorno si fanno
venti piacevoli nel tempo dell’estate, detti etherie, et da
noi imbuttiti non dal bollor dell’aria, che in noi ha il centro,
ma dal mare. Imperoché, sendo egli percosso con i
raggi dritti del sole meridiano, manda fuori copia di vapori
ventosi, et per questo, nel mezzo che il mare rado sta
quieto, 'l sole possente lo fa tanto raro, che dona facile
essito alli ingenerati vapori. Ma la matina e sera, sendo
percosso da raggi obliqui, i vapori che dentro si generano
non ponno uscire, non essendo rarefatto il mare a sufficienza:
onde non fanno vento in quei tempi, ma scompigliano
l’acque, sì ch'egli si vede agitato di sera et mattina.
D'onde i venti spirano hanno il nome: però