Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 319

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[DISCORSO TERZO]
Del fruttificar delle piante.
Tutte fruttificano nel tempo di primavera, perché
all’hora il chiuso caldo da quel del sole vien svegliato et
aiutato avvicinandosi, et sono nutrite di pioggie calde.
Et però in quel tempo si zappano le piante attorno, acciò
i rai solari possano meglio penetrare alle loro radici et
ravvivar la virtù loro et fonder la terra et generar liquori,
acciò si nutriscano abondantemente. Il calor venuto all’estremità,
tirando fumo et liquor ben digerito, ne fa fiori,
li quali sono la parte più lambicata per le vene et più cotta
d'esso arbore: et per questo odorano, sendo l’odore un fumo
ben digesto dal natio calore a noi simile. Et così fa la
mandola, et poi fa le foglie per coprire i fiori, acciò
il troppo caldo o freddo non li nuoca. Ma l’altre piante
più prudenti non subito fan fiori, ma spine per difesa, et
poi foglie del primo loro grosso humore, et poi sotto quelle
fiori di più cotto sudore e tenuità fanno. I quali essendo
di tenuità composti si spandono in mille guise, et essendo
attaccati al viscoso tirano seco quello, il quale in frutto
si converte, macerandosi il fiore, svanito il caldo e 'l fumo
delicato, a cui segue il grosso, materia di frutti.

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