Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 320
[DISCORSO QUARTO]
De frutti.
Il frutto ha dentro la sua miglior parte, dove si serba
in puro temperamento il calor natio, l’essere
et l’Idea della pianta; questo poi di durezza vien coperto
per difesa dall’ingiurie, et risponde all’osso della pianta,
sì come l’animella al medollo; et alla sostanza soprastà
poi la polpa, rispondente alla carne fatta per difesa et per
nutrimento del seme, acciò uscendo dall’arbore non sia
disseccato per ingiuria dell’aere. Ma quei semi che sono
grandi non hanno bisogno di tanta polpa, ma solo della
scorza ossuta, come le ghiande et le castagne fanno; et pure
si cingono queste d'una spinosa veste contra li ghiri et sorci.
Gli arbori di lunga vita e di materia salda per lo più
fanno un seme senza polpa, et di loro gli animali quello si
magnano, perché il Senno non solo mirò alla
propagatione delle piante, ma al nutrimento de gli animali,
enti più perfetti. Ma quei frutti che contengono più d'un
seme picciolo et nascono di materia fragile, come l’uva,
il fico, il mellone, han bisogno di polpa per difesa, et quella
magnamo noi. Le piante deboli maturano il seme l’estate,
perché il sole penetrandole l’aiuta a cuocerlo, et le fa sfiatare
e morir presto. Ma le robuste lo maturano l’inverno,