Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 341

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[DISCORSO QUINTO]
Della propagatione della prole animata.
Onde poi come il sole impregnò la terra con
il suo calor fecondo, così il maschio la femina havesse ad
ingravidare. Et non essendo diffusivo come il sole della
sua virtù, poiché have debole caldo, fece un canale imitante
i raggi, per dove si fondesse la sua semenza, mentre dentro
l’utero d'essa femina entrasse. Et per svegliarsi ad uscire
il seme fu bisogno di qualche movimento, per il quale si
fonde nell’utero feminile: il quale fatto dentro come una
borsa si contrahe et increspa per desiderio di godere quel
blando calore seminale, et si chiude sì bene che non potrebbe
entrarvi un sottilissimo stecco. Et il gusto fu
innestato quivi dal Senno, perché non volevano venire a
congiungimento tale queste due parti d'animale:
nel qual perdono parte di spirito et sostanza et diventano
languidi, non havendo esse virtù schietta et robusta come
il sole, che diffondendosi non si scema perché non manda
fuori la corpolenza. Onde per inescarli fu posto quel
diletto in tal congiuntione, il quale avviene dallo scambievole
simile caldo per fomentarsi l’un l’altro, et dal passaggio

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