Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 351
la machina del corpo può l’animale a suo modo
pigliare et lasciare: imperoché egli non è fatto per ristoro
immediatamente dello spirito senza cui egli habbia a mancare,
ma per portar il corpo dove bisogna, per fuggire et
seguitar le cose commode e discommode, per tirarle ad uso
della vita dell’animale. Il che fatto ha bisogno di quiete,
perché (diceva il Senno agente), sendo composto l’animale
di spirito che sempre si move, et di corpo inetto al moto,
è necessario che per benefitio dell’uno et dell’altro hora si
mova et hora si fermi, perché con la continua quiete lo
spirito s'annullarebbe, et col continuo moto il corpo di
diverse parti delicate et ruvide si discioglierebbe. Caminando
dunque lo spirito per dentro li nervi composti
di molte fila piene di spirito, verso dove fa impeto, fa il moto.
Et bisognando per diversi usi in diverse maniere moversi,
hebbe dal Senno la machina fermata sopra l’ossa, che derivando
dalla testa si convertono in trentaquattro vertebre
spinose, abbraccianti et abbracciate l’una dall’altra per
mezzo dell’incavature et prominenze loro. E dalla settima
vertebra, che fa il collo, se distesero le clavicole, che terminano
il petto e 'l collo, et le scapule et gli homeri et l’ossa
delle mani. Dalle vertebre poi inferiori sino alla decimanona