Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 370
<e non vedendola>; onde argomenta che sia pietra, se
l’occhio non può accertarlo. Così dico de gli altri sensibili
che trasmutano non la forza dello spirito ch'è la caldezza,
ma la dispositione ch'è la sottilezza, et la giacitura delle
sue particelle nel tutto. Et non sente i calori tutti, se
non quelli che sono più possenti del suo: ma non gli equali,
perché il simile non age nel simile, facendosi ogni
attione per assembrare, et quivi già è assembrato.
[AVVERTIMENTI.
a. Conciosiaché i peli et ossa tirino al nutrimento e l’appetiscan;
dunque lo sentono, chi meglio come i denti, chi manco
come il resto. Ma il sangue è tutto spirito sentiente: onde s'inganna
Aristotele, che toglie il senso a queste parti.
b. Lo trasmutarsi in dissimile ente di subito, e non a poco,
è dolore; et in simile, augmentandosi, è gioia.
c. l’humido e 'l secco non si sentono per sé, non sendo agenti
se non per mescolamento, ma con lo stringere e vedersi fluere e
non fluere: il qual moto è per accidente anche alla vista oggetto.]