Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 379

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et infiammano lo spirito, et spesso di calore e di forza lo
vincono, massime quando è poco e tenue. Per questo
l’odore acuto dell’incenso et pepe dispiaceno l’estate, quando
lo spirito è picciolo et vien vinto, et piacciono l’inverno,
quando è grande et vincente. Nudriscono lo spirito gli
odori, ma non l’altre parti del corpo, perché son grosse
et si nutriscono di cose più grosse; ma le sottili - quali
sono l’odori - non si ponno ingrossare et passare
in sostanza loro, come in sostanza di spirito passano - più
tenue di esse - attenuandosi. Onde quando noi siamo
stanchi et lassi, sentendo l’odore subito ci ricreamo, perché
quello è sottile simile allo spirito et subito in lui si converte,
et la parte sua perduta per la fatiga di nuovo si crea d'odore.
Il che si dice ricrearsi: et una bevanda di vino rinfranca
l’afflitto per la sua spiritalitade. D'alcune cose l’odore
è buono, come del giglio, ma non il sapore: però non si
fida la natura al naso solamente, ma ricorre al gusto, il
qual non solo la tenne materia delle cose - che quasi
sempre suol esser buona -, ma la grossa discerne. Così
nelle putrefatte non si fida del gusto, ma ricorre
all’odorato: et la conoscenza del cibbo fu commessa a due
testimonij. Et gli odori nascono dalle cose, che hanno il

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