Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 390

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de spiriti - che usciro a formare l’occhio quando, facendo
impeto per eshalare, formarono le camere del cerebro e
vennero a queste borse bruggiando -, restò negra: e però
si vede per la sua trasparenza un nigrore. E gli huomini
che hanno gli occhi troppo negri hanno spiriti sottili per
caldezza originale, e veggon ben di vicino e mal di lontano.
Et in chi non si trovò spirito ardente, restò molto
e copioso, che meglio vede da lontano che da vicino: onde
et gli occhi loro non son neri, ma cerulei. Sì ben vi
fan ancora molta differenza gli humori e tuniche più o
manco purgate, i quali servono per moltiplicar la luce,
unico oggetto della vista. Serve la cornea
polita per intrometter la luce: e perché d'ogni banda è
uopo vedere, si fè tonda e dura, per non intrar cosa che
noccia al delicato artificio; e però le palpebre sopra si stesero
di membrana spiritosa e mobile subitaneamente,
acciò si chiudesse la prima faccia dello specchio la notte,
e quando viene la polve et altre cosette che l’ammacchiano
e lo molestano. Il che ha insegnato noi a farne i
specchi che copriamo di tela, perché quanto dentro in noi
fa la natura imita l’arte poi da essa nascente. Onde come
lo spirito fece, dentro, il corpo per suo albergo a guisa
d'una cità, la cui rocca è la testa, o di un palazzo la

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