Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 406

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in quel timpano più o manco secondo che più o manco è
dall’aere esterno impulsa. Talché per questa via lo spirito
vegnente per li nervi uditorij, di cerebro indurato e disteso
fatti et dislargati in quel timpano, percepe il
suono, cioè il moto dell’aere, e discerne la grandezza et
piccolezza, sottilezza e grossezza di chi l’aere spinge,
secondo che più o meno è battuto. Et secondo i diversi
figuramenti del moto conosce la maniera del movente, et
con più esperienze impara qual sia ciascun movitore. Et li
suoni grandi schifa, perché lo battono nel concavo della
testa fortemente et lo condensano et li fan male - sendo
egli rado -; et li suoni sottili, perché lo lacerano et divideno,
cosa odiosa alla sua continuità; ma gode di quelli che al
suo moto sono simili, perché lo spirito è di natura mobile,
et sempre si move, e privato del moto pate.
Dunque gode del moto come sua operatione, per cui si
serba in tal essere. Et perché il suono l’invita al moto
- sendo egli anchora moto sentito - e per conseguenza
alla sua conservatione, perché l’aiuta ad operare et moversi
secondo la sua natura, per questo gode grandemente della
musica proportionata. Non è dubbio che tutto il Mondo è
armonia, perché per tutto vi è un moto, et ogni moto nel
farsi si chiama moto et nel sentirsi si chiama suono; et che

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