Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 408

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dentro a noi. Diciamo dunque che la sapienza eterna non
voIle che ci fusse discordanza di suoni nell’universo, ma tutto
è una musica commune d'ogni consonanza di suoni et semisuoni
composta. Ma a noi non tutte le voci fanno musica,
perché siamo particolari enti et habbiamo lo spirito caldo,
- non quanto il sole che gode d'ogni moto soverchio,
né debole quanto l’acqua che gode di moto pigro -:
ma il temperato a noi è proprio, et di quei moti godiamo
che al moto nostro non troppo sono dissimili, ma poco
più vehementi per svegliarci. Et di questi moti deboli
musica debole escogitò lo spirito humano, servendosi della
misura del suo polso per battuta, la quale dà regola alla
quantità de i suoni musicali. E suoni acuti penetrano
lo spirito et lo battono con angoli acuti: però quando son
forti li danno fastidio, come le squille et i tagli de soveri.
I grossi con grossi et ottusi angoli lo battono quasi in piano
dentro la testa, et se sono gagliardi li dan noia
condensandolo e discontinuandolo, come le bombarde e
campane grosse. Dunque né molto gravi né molto acuti
fan musica, ma mezzani; et quando sono composti insieme,
uno batte lo spirito per diretto, l’altro per piano, et lo
ventilano et lo purgano et rinforzano; ond'ei ne gode, sendo

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