Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 437
d. Aristotele et Averroè s'ingannano mettendo altra differenza,
come scrissi nelle dispute contra loro.
e. Questa esperienza vista da Galeno fu rinovata in Napoli
a tempi nostri, come mi disse Giulio Cesare del Tufo. E la madrice
d'una monaca con fricazione divenne maschio, secondo il Telesio
ne vide sperienza e molti miei amici in Napoli.
f. Avicenna dice che una donna, mirando una figura d'Ethiopo
nell’atto di venere, parturò poi un nero. Et Jacob patriarca facea
partorire le pecore bianchi o neri agnelli con le verghe di tai colori
poste nel canal dell’acqua dove bevevano, e con gusto poi si
congiungevano.
g. È pazzia d'Aristotele dire che il seme non sia sobstanza ma
agente della creatura, poiché il seme della pianta in pianta si converte,
el bianco del uovo si fa le parti bianche del pollo di cui è
seme, come si sperimenta mettendone diece a covare
et ogni dì rompendone uno. La raggion sua è falsa, che il medesimo
non può esser agente e paziente, come si vede nel seme dell’herba;
et è vero che agente è lo spirito del seme e paziente la
corpolenza. È falso che il seme non sia animato, perché non sapria
far così bel lavoro. E l’anima donde viene? La materia non ha
in sé chiusa l’anima, né essa si può far anima, né il seme può
agere s'è morto.
h. Né manterrebbe il moto del generante, perché la verga
mossa (posta da Aristotele per essempio di questa follia) a sé lasciata
sempre più perde il moto; ma il seme sempre più s'avvigora et
opera; cresce dunque lo spirito e la forza.