Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 478
in atto dal fuoco scalda poi. Queste sono fintioni, perché l’universale
è i particolari simili appresi come uno per la similitudine
et notati così con un nome commune. Dunque se il senso
sente i particulari, sente più l’universale che vede in tutti loro, et
da lungi universale si sente etc. Dico poi l’intelletto essere atto
d'ente, ma non pura potenza come la materia; et che proprio
può intendere perché è mobile et passibile, perché se intendesse
per informatione intendendo una cosa non intenderìa l’altra:
come il legno fatto fuoco non può insieme raffreddare et ardere
senza distruggersi. Di più, havendo inteso una cosa,
non potrìa scordarsi, sendo fatto in atto, come il legno fatto
fuoco sempre in atto scalda, né s'inganna a raffreddare in luogo
di scaldare; ma l’intelletto si scorda et inganna, il che non dovrebbe
fare essendo unito all’intelligibile più che la materia
alla forma, come i Peripatetici dicono. Di più se l’agente intelletto
è tanto possente che spoglia l’universale dalli particolari,
ond'è che questo non fa in tutti, e dal principio della vita?
Et se avviene poi, perché si fa oblivione et inganno nel possibile?
Detta specie universale che cosa è? Perché, se non è forma
delle cose, sarà fintione dell’intelletto, non darà la
scienza delle cose intelligibili. Di che si fanno queste specie?
Si creano di nulla, o di qualche cosa? Et come ponno stare le