Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 515
distrugge l’essere o lo dispone a destruttioni o è segno di
destruttione, ne seguita ch'essa sia il sommo bene di tutti
gli enti amabilissimo, et che Dio, che donò l’essere
et la conservatione, sia il bene vero amabilissimo sopra
noi medesimi. Et più che alla propria conservatione, la
quale è un vivere secondo la natura, è un assomigliarsi
al primo Ente sempiterno per imitatione, cercando d'immortalarsi
come a lui è possibile. Noi ci conserviamo in
tre modi in questo mondo: in noi stessi mentre siamo, et
ne i figliuoli che sono un altro noi (i beni di questi dui
esseri si chiamano utili dall’uso), et nelle menti grate degli
huomini, che ci honorano nelle statue, nelle historie et
nelle ragunanze. I beni di questa conservatione si dicono
honesti dall’honore. Giocondi poi sono tutti questi
tre beni mentre si sentono, perché la giocondità è senso
d'ogni bene utile o honesto, né si trova divisamente.
[AVERTIMENTI.]
a. Il bene dell’essere è la purità dell’ente, ma il ben respettivo
è quel che a noi et ad altri è buono e conservativo. Però il fuoco
per sé è buono quando è caldissimo, ma per noi quando è tepido;
et per lo legno è male quando lo strugge, et per noi è buono
mentre l’applichiamo alla cucina et all’arte; dunque etc.
b. l’uso non fa la virtù, come dice Aristotele, ma la perfettiona,
perch'ella non operarebbe se non fusse potenza nativa, né si