Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 521

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spendono, et spendono per ogni leggiero capriccio suo
o d'amici immeritevoli o meritevoli senza necessità et
senza distintione, si dice prodigo: et è quest'huomo ignorante,
che non pensa quel che butta dover mancare et
poter servire a maggior uso o di sé o d'amici meritevoli.
Onde è questo vitio grande, ma minore dell’avaritia, perché
s'acquista almeno amici, benché non troppo giovevoli,
vedendosi i buoni et i cattivi trattar del pari. Al Prencipe
più nuoce la prodigalità, perché, venuto a bisogno,
diventa rapace come Caligola et Nerone; ma a chi
acquista principato giova più, come a Cesare et Ciro, per
conciliarsi i soldati, onde il principato futuro tutto pende.
[DISCORSO DECIMOSESTO]
Della sobrietà et suoi opposti.
Perché nel magnare et bere consiste la vita humana
principalmente, et chi troppo magna patisce infiniti
mali per le crudità che in lui si fanno, et chi
non magna ma sempre digiuna patisce debilità et attenuazione
et da ogni caldo et freddo vien offeso, quel

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