Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 557

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danno. Però dare a chi ha e mancare in sé, eccedendo
il suo danno il benefitio di colui a chi si fa, non è beneficenza
ragionevole. Ogni virtù è ragione in sé. Similmente
morire per un huomo inferiore non è beneficenza. Ma per
la Patria morire et per molti è gran virtù. Et sempre chi
apprezza più il tutto che la parte et il commune che il
particolare non fallisce, perché imita Iddio che cura il tutto.
Et chi ben opera si serba con quelli, et saran grati alla
sua virtù in sé, et si serbarà nell’honore ch'è vita più
longa. Però per lui si deve spendere questa vita
breve, che è un cangiare un mortale con un immortale,
et per rispetto di Dio si deve il tutto mandar a terra. Si
deve anchora far bene a coloro da i quali non si aspetta
bene, perché all’hora si opera operatione di spirito puro et
generoso et confidente, il qual fa bene perché è migliore
et superiore a gli altri di virtù, come Dio ne fa a tutti,
sendo miglior di tutti, et non per interesse, ma per giubilo
che ha della sua bontà. La maleficenza è vitio opposto,
che fa male a gli altri et massime a buoni, perch'ei non si
confida vivere se non ha spento i migliori. O animo pravo,
scelerato et vile! Per questa viltà i Principi

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