Tommaso Campanella, Epilogo magno, p. 562
ogni errore non perché gode solo di sé medesimo,
ma perché non sente né considera i peccati contro
a sé et contro la sua nobiltà commessi. Serba anchora
l’huomo l’opportunità del parlare, del vestire, del negotiare:
il suo vitio opposto è l’importunità, che non si accommoda
all’uso de gli altri. Et è virtù ogni potenza che conserva,
e vitio che distrugge. E tante sono le virtù et atti virtuosi
quanti sono gli Angeli del Cielo, e tanti i vitij et atti vitiosi
quanti i demonij dell’inferno. Et gli uni et gli altri spiriti
da nomi di virtù et vitij furo notati da Santi antichi.
[DISCORSO TRENTESIMOPRIMO]
Della benignità et suoi contrarij, et consimili.
Perché tutti siamo un corpo di Republica, giovano a noi
direttamente o indirettamente i beni de gli altri, per cambi,
per compre o per imitationi. Et perché chi mangia il suo, se